lunedì, marzo 27, 2006

LA CIOCIARA

Per sfuggire ai bombardamenti alleati del 1943, Cesira, interpretata da un'ottima drammatica Sofia Loren, decide di lasciare Roma con la figlia tredicenne Rosetta. Nel suo paese natale, S.Eufemia, vivrà i drammi della guerra e accoglierà l'arrivo degli anglo-americani, che dalla Sicilia risalgono la penisola, aiutati anche dagli eserciti africani. Un'orda di soldati marocchini, lasciati inspiegabilmente liberi, sorprende in un casolare abbandonato le due donne. Su Cesira e Rosetta sarà consumata una brutale violenza. Tratto dall'omonimo romanzo di Alberto Moravia, "La ciociara" è una delle massime vette espressive del neorealismo e dell'intera produzione di Vittorio De Sica. Ciascuno di noi ha il dovere morale di vedere questo film. Nelle scuole italiane dovrebbe esserci l'obbligo di proiettare capolavori come La ciociara o Roma città aperta, che possono spiegare a pieno titolo la storia italiana. Una delle caratteristiche forti del neorealismo è la sua struttura narrativa. I grandi fatti storici sono narrati attraverso i drammi personali, sono filtrati attraverso le piccole storie degli italiani. Perchè a fare la Storia non sono solo i Capi di Stato e i generali, ma soprattutto gli uomini, la gente comune che vive in prima persona le nefandezze di una guerra. La situazione caotica e drammatica dell'esercito italiano dopo l'8 settembre è espressa benissimo dal senso di smarrimento e dalla confusione di Alberto Sordi in "Tutti a casa" di Comencini; l'urlo di Anna Magnani in "Roma città aperta" o gli sguardi dei bambini di "Sciuscià" sono molto più eloquenti di pagine di manuali di storia. Ne "La ciociara", Cesira è la classica italiana che aderisce superficialmente al fascismo, che si è fatta ubriacare dall propaganda del regime e che contesta al Duce solo l'entrata in guerra. Un incontro importante a S.Eufemia è quello con Michele (J.P.Belmondo), idealista antifascista che si sacrifica per salvare la vigliacca comunità locale da un gruppo di tedeschi. In una scena del film, Michele chiede a due soldati inglesi cosa pensino dell'Italia. Questi rispondono e citano Leonardo e Michelangelo...Allora Michele in un impeto di fiero nazionalismo, ribatte dicendo che quello rappresenta il passato, mentre bisogna puntare sul futuro, sui giovani pieni di speranza come Rosetta. Ecco: lo stupro su Rosetta è una violenza su tutti gli italiani, è macchiare di sangue la storia e l'avvenire dell'Italia. Per sempre. La guerra è una ferita difficile da rimarginare, come uno stupro. "La ciociara" è Sofia Loren, che dà vita ad un personaggio intensissimo. Una "madre-coraggio" disposta a tutto per salvare la figlia, capace anche di chiederle scusa per non aver capito la sua reazione dopo lo stupro. Per questa interpretazione, la Loren fu premiata con l'Oscar per la migliore attrice protagonista.

venerdì, marzo 17, 2006

GIAN MARIA VOLONTE', UN CASO ALL'ITALIANA

Com’è noto, l’Italia soffre della pessima abitudine di riconoscere o rivalutare un artista solo dopo la sua morte. È successo con Totò, Franchi e Ingrassia, ma non è successo con tutti. Vagano ancora nel limbo del dimenticatoio registi come Germi e Ferreri, oppure attori come Tognazzi e Volontè. Sono passati già 10 anni dalla morte di Gianmaria Volontè, eppure continua l’ostracismo nei suoi confronti. Forse perché il suo nome è legato ad un certo tipo di cinema,al cinema-politico-di denuncia degli anni ’70. Volontè ha lavorato infatti con Elio Petri (Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, La classe operaia va in paradiso), Francesco Rosi (Il caso Mattei, Cristo si è fermato a Eboli), Bellocchio, Pontecorvo, Lizzani, ma anche con Leone (Per un pugno di dollari) e Amelio (Porte aperte). Indimenticabile resta la sua interpretazione viscerale di Bartolomeo Vanzetti in “Sacco e Vanzetti” di Montaldo. Le sue oculate scelte artistiche e professionali erano sempre accompagnate da un forte impegno politico e sociale. Abbandonò le riprese del film “Metti, una sera a cena” perché ritenuto troppo “borghese”, capeggiò il sindacato degli attori nella lotta “voce-volto” per l’introduzione della registrazione del suono in presa diretta e aiutò il terrorista Scalzone a fuggire in Francia. Volontè fu dunque un attore antisistema, anarchico e pieno di talento. Un patrimonio della cultura italiana, apprezzato più all’estero che in patria. Un attore volutamente dimenticato perché scomodo, ma osannato da chi ama veramente il bel cinema italiano.

lunedì, marzo 13, 2006

QUARTO POTERE - "IL FILM PIU' BELLO DEL MONDO"

Un giornalista ricostruisce la vita del miliardario americano Charles Foster Kane per scoprire il significato della parola “Rosebud”, pronunciata poco prima di morire. La pellicola mostra l’ascesa e il crollo del “più grande magnate della stampa di ogni tempo”, ispirato alla figura di Rundolph Hearst, editore degli anni ’30. All’ apice del suo successo, Kane possiede 37 giornali, diverse case editrici e stazioni radio, 2 sindacati, negozi, industrie e una miniera d’oro. La sua carriera politica però è stroncata sul nascere, durante la campagna elettorale per la carica di Governatore, da uno scandalo sessuale che ne compromette la vittoria. Il titolo della versione italiana (titolo originale “Citizen Kane”) si riferisce alla stampa, massimo strumento di controllo della società civile, capace di influenzare, manipolare e forgiare l’opinione pubblica. “La gente penserà solamente quello che voglio io”, ama ripetere Kane, rinnegando lo spirito libertario del suo primo giornale. L’Inquirer infatti era nato per difendere i diritti del cittadino: la stampa nella funzione di “watchdog”, implicitamente riconosciuta nel Primo Emendamento della Costituzione americana, che degenera in arma di potere. Citizen Kane è un film megalomane, austero, come il suo protagonista. Una pietra miliare nella storia del cinema, che dopo la sua uscita non fu più lo stesso. Scritto, diretto e interpretato da Orson Welles, il suo punto di forza è il montaggio. La vita di Kane è evocata da 4 testimoni e il loro racconto è scandito da diversi flashback. Welles introduce elementi silistici straordinari: pone l’obiettivo della macchina da presa nei punti più impensabili, come nella sfera di cristallo che Kane lascia cadere morendo, o sul pavimento, regalandoci inedite inquadrature dal basso verso l’alto. Candidato a 9 premi Oscar, a causa del boicottaggio dello stesso Hearst, portò a casa solo la statuetta per la miglior sceneggiatura originale, scritta da Welles e Herman Mankiewitz.

venerdì, marzo 10, 2006

ANCORA CINEMA A MATERA...

La splendida città di Matera continua ad esercitare il suo fascino. Sabato 11 e domenica 12 Marzo, il vecchio quartiere dei Sassi ospiterà le riprese di 5 scene di Omen 666, prodotto dalla 20th Century Fox. Il film è un remake di una vecchia pellicola del 1975 con Gregory Peck, Il presagio, sull'Anticristo. Il successo, e lo scandalo, de La Passione di Mel Gibson, quasi interamente girato a Matera, ha sdoganato la Città dei Sassi nel mondo! Ha sostenuto poi lo sviluppo del territorio e il turismo: a Pasqua del 2004 c'è stato il boom di turisti, attratti dal film di Gibson. Omen 666 è solo l'ultimo di una lunga serie di film girati in terra lucana. Il territorio ferino, aspro, antico e sconfinato delle Murge ha incantato il genio di Pasolini, che vi ha ambientato Il Vangelo secondo Matteo, e poi Lattuada, Tornatore, Rosi, Zampa e persino un Richard Gere di annata: fu lui il protagonista di uno sfortunatissimo King David. La somiglianza con il territorio antichissimo di Gerusalemme è il pretesto perfetto per scegliere Matera come scenografia naturale di film a carattere religioso, sacro o profano, come dimostrano i casi di Pasolini o di Omen 666. A pieno titolo possiamo chiamare Matera la Cinecittà del Sud, ma tutto al naturale...

giovedì, marzo 09, 2006

RAPINA A MANO ARMATA, OVVERO COME IMPARAI A DUBITARE DI QUENTIN

L’epilogo di Rapina a mano armata (1956), il capolavoro noir di Stanley Kubrick, lascia davvero l’amaro in bocca allo spettatore e dimostra come un colpo di coda del destino possa improvvisamente smontare le imprese dell’uomo.
Johnny Clay (Sterling Hayden) organizza il colpo della vita: assalire un ippodromo in una piena giornata di corse con l’aiuto di sei complici ai quali è affidato un particolare compito. E nella narrazione dell’esecuzione della rapina si esalta la quintessenza della maestria di Kubrick. Con un montaggio efficace ci mostra dapprima le sequenze dei singoli protagonisti all’azione e poi tutto contemporaneamente. Il film procede quindi per flashback e flashforward, scanditi dalla voce fuori campo. Bellissima la fotografia in bianco e nero.
Eccellente la prova d’attore di Sterling Hayden, con l’indimenticabile maschera da clown, supportato, come nelle successive fatiche del regista, da un cast di perfetti caratteristi.
Uno spettatore attento si accorgerà però che Rapina a mano armata è stato il film da cui ha attinto a piene mani quel mattacchione e cinefilo incallito di Quentin Tarantino. Come non riconoscere in Jackie Brown e ne Le iene echi Kubrickiani? Se in Jackie Brown c’è una certa somiglianza nell’uso disinvolto del montaggio, che esalta in maniera ancora più stupefacente l’elemento temporale, ne Le Iene Tarantino recupera addirittura diversi elementi della pellicola in questione: il poliziotto infiltrato, il tradimento e la vendetta, il triello finale nel quale tutti restano uccisi. Nessuno dubita della originalità o dei meriti del regista “pulp”, ma attenzione prima di gridare subito al capolavoro e alla novità assoluta.
Quindi diamo a Kubrick ciò che è di Kubrick e a Tarantino ciò che è di Tarantino...

mercoledì, marzo 08, 2006

Ouverture

Ciao a tutti, sono Vito ho 21 anni e studio scienze politiche a Roma. La passione che mi ha spinto a creare questo blog è il cinema. Un mio sogno nel cassetto è vincere un Oscar, ma mi accontenterei anche di scrivere di cinema nella redazione di un grande giornale! Insomma un giornalista con il pallino della celluloide. Mi rivolgo a chi non si addormenta di fronte ad un film in bianco e nero... scriverò con modestia e onestà! A presto!