mercoledì, marzo 14, 2007

L'ULTIMO RE DI SCOZIA

Nicholas Garrigan (James McAvoy, un ragazzetto simile a Silvio Muccino, ma più bravo) si è appena laureato in medicina. La vita in famiglia gli va stretta e così decide di far le valigie e andare in Uganda. Inizialmente presta servizio in un poverissimo villaggio vicino Entebbe, ma improvvisamente la sua permanenza sarà sconvolta da Idi Amin Dada (Forest Whitaker), il generale dell'esercito ugandese che ha appena preso il potere sovvertendo con un colpo di Stato il regime di MIlton Obode. Siamo nel 1972. Dopo un rocambolesco incontro, Nicholas diventa il suo medico personale. Tra i due nasce un particolare rapporto fatto di fiducia e di reciproca ammirazione. La figura carismatica di Amin strega letteralmente il giovane dottore. Il loro incontro è un po' l'incontro tra due destini, tra due percorsi di vita: l'entusiasmo di un ventenne appena uscito dalla provincia scozzese, pronto a fare esperienza, desideroso di aiutare il popolo ugandese, è intercettata dal disegno rivoluzionario di Amin, pronto a instaurare un nuovo ordine in Uganda. Lentamente però il protagonista scopre la vera identità di Amin. dietro l'aspetto da gigante buono, si nasconde un crudele macellaio, un dittatore spietato e sanguinario. Nicholas capisce che essere diventato l'uomo più vicino ad Amin è ora una trappola, un ostacolo troppo difficile da superare.
L'ultimo re di Scozia è solo uno degli epiteti con cui amava definirsi Amin, un personaggio affascinante come tutti i dittatori, dall'animo multiforme e dal carattere volubile, quindi complesso. E Forest Whitaker rende questo personaggio in maniera sublime. Recita divinamente, riempie lo schermo con la sua fisicità, la somiglianza con il generale è impressionante e te ne accorgi alla fine del film, quando scorrono le immagini del vero Amin.
L'ultimo re di Scozia era uno dei film più attesi della mia stagione cinematografica, perchè in linea con la mia idea di cinema. Ma l'attesa non è stata del tutto ripagata. Il film mi è piaciuto all' 80%: bravi gli attori, efficace l'intreccio tra realtà e finzione, bellissima la fotografia - il nero della pelle ugandese e i colori dei paesaggi africani. Però ci sono pezzi di sceneggiatura inaccettabili, poco credibili, che rendono la pellicola simile a uno di quei filmacci degli anni '80 con Dolph Lundgren o Sylvester Stallone, dove l'eroe si salva - perchè "deve" salvarsi - e sopravvive a situazioni impossibili. In particolare la fine mi ha lasciato perplesso. Peccato: non tutte le ciambelle escono col buco.