L'ultimo documentario di Michael Moore, Sicko, è un'inchiesta sul sistema sanitario statunitense, una delle tante facce tristi dell'America. Come tutti sanno, negli Stati Uniti il sistema sanitario è organizzato su base privata e quindi i cittadini hanno accesso alle cure solo se coperti da un'assicurazione. Di motivi di indignazione il film ne offre tanti, dalla morte di una bambina rifiutata da un ospedale perchè non convenzionato con la sua assicurazione, ai malati letteralmente scaricati per strada perchè privi di una polizza assicurativa. Ma ciò che colpisce maggiormente è la vergognosa pratica delle società di assicurazione che scavano nella vita dei clienti alla ricerca di motivi che possano giustificare il loro rifiuto di erogare la copertura per le spese sanitarie. Se per esempio sei a rischio infarto, sarà difficile trovare una compagnia che ti assista: dovrebbe spendere troppi soldi per pagarti le cure e sacrificare il profitto.
Il discredito della sanità è chiaro sia nella prima parte del film, pensata per il pubblico europeo, dove il regista mostra le storture del sistema, sia nella seconda, diretta al pubblico americano e realizzata in Canada, Francia e Gran Bretagna, tutti paesi con un regime sanitario pubblico. La meraviglia che prova Moore in Europa è la parodia dello stupore che proverebbe l'americano medio, ma è lo stesso stupore di un europeo in trasferta negli USA, che non accetta che sia il mercato a regolare la sanità e che il profitto e il denaro sostituiscano ideali come l'uguaglianza e la solidarietà.
Il linguaggio dei documentari spesso parla per opposizioni e non conosce sfumature: Moore ha preso il peggio della sanità degli Stati Uniti e il meglio di quell'europea. Non fa nessun accenno alla malasanità, alle chilometriche liste d'attesa o alle strutture non proprio all'avanguardia, oppure dell'eccellenza dei medici e della ricerca statunitensi. E' una scelta opinabile ma comprensibile, e soprattutto funzionale a dimostrare la sua tesi, che la salute deve essere un diritto e non un privilegio e che il sistema pubblico è più efficace del sistema privato, come dimostra la classifica dell'OMS del 2000 sui migliori sistemi sanitari, con la Francia al primo posto, seguita dall'Italia, e gli USA solo trentaduesimi.Il discredito della sanità è chiaro sia nella prima parte del film, pensata per il pubblico europeo, dove il regista mostra le storture del sistema, sia nella seconda, diretta al pubblico americano e realizzata in Canada, Francia e Gran Bretagna, tutti paesi con un regime sanitario pubblico. La meraviglia che prova Moore in Europa è la parodia dello stupore che proverebbe l'americano medio, ma è lo stesso stupore di un europeo in trasferta negli USA, che non accetta che sia il mercato a regolare la sanità e che il profitto e il denaro sostituiscano ideali come l'uguaglianza e la solidarietà.
Come il pluripremiato Bowling a Columbine, e a differenza di Fahrenheit 9/11, Sicko non è pensato ad uso e consumo della politica americana, anche se il problema della sanità è al centro dei programmi dei due candidati per le presidenziali del Partito Democratico, Hillary Clinton e Barak Obama. E' un film politico ma non schierato, anche nella provocazione finale, quando Michael Moore accompagna un gruppo di soccorritori dell' 11 settembre, che in patria non possono curarsi, a Cuba, il nemico numero uno della Casa Bianca, dove ricevono assistenza sanitaria completamente gratuita.
3 commenti:
uaa, grazie! sergio mi fai commuovere quando dici così!
che altro posso aggiungere? come dice Carlo Verdone "furio", in Bianco, Rosso e Verdone, "la cosa è reciproca"!
Il giuramento di Ippocrate moderno così recita nei suoi primi punti:
"Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto che compio e dell'impegno che assumo,
GIURO:
* di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento;
* di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell'uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale;
* di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente;
* di attenermi nella mia attività ai principi etici della solidarietà umana, contro i quali, nel rispetto della vita e della persona non utilizzerò mai le mie conoscenze;
* di prestare la mia opera con diligenza, perizia e prudenza secondo scienza e coscienza ed osservando le norme deontologiche che regolano l'esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione;
* di affidare la mia reputazione esclusivamente alle mie capacità professionali ed alle mie doti morali;
* di evitare, anche al di fuori dell'esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il prestigio e la dignità della professione;
* di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni;
* di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica;"
Non ne ho aggiunti altri solo per questioni di spazio. E' sconvolgente notare come, aldilà del film in se stesso sicuramente eccessivo in alcuni tratti(ma il fine giustifica i mezzi!), sia lo stesso SISTEMA AMERICANO a contravvenire sistematicamente ad ogni suo punto.
Il film dipinge un inferno di condannati a morte, consapevoli della propria pena grazie alla famosa ricerca americana, ma non per questo salvati dalla sofferenza. Una popolazione inerme e inebetita da assurde e anacronistiche propagande antisovietiche. Una popolazione dove anche le poche voci di dissenso vengono sopite, a suon di dollari.
W la patria del self made man!
ippocrate e lo zio tom: inconciliabili
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