lunedì, febbraio 12, 2007

BABEL

Babel è tre film in uno, tre storie ambientate in tre continenti diversi, accidentalmente unite da un sottilissimo filo rosso. Cate Blanchett è una giovane donna americana che, durante un viaggio in Marocco col marito ( un Brad Pitt invecchiato e ingrassato), viene ferita da due ragazzini che si divertono con un fucile. Amelia, la tata messicana dei loro due bambini, porta con sè i piccoli al matrimonio del figlio in Messico, accompagnata dal nipote Santiago (Gael Garcia Bernal). Al ritorno, Santiago forza un posto di blocco e abbandona la zia e i bambini nel deserto messicano. Ritrovata da una volante della polizia, sarà successivamente espulsa e rimpatriata. La terza storia vede protagonista una ragazza giapponese sordomuta, ancora traumatizzata dal suicidio della madre e con un padre pressochè assente, che cerca di riscattare con il sesso il suo stato di emarginazione eil suo disagio personale.
I temi trattati sono tanti, forse troppi per essere approfonditi. Si parla di emigrazione e terrorismo, ma anche di solitudine e abbandono, paura e incomunicabilità. La regia di Alejandro Inàrritu è perfetta nel far lambire le tre storie. D'altra parte ci aveva già mostrato tutto il suo talento nel montare e incastrare storie in "21 grammi". I punti di contatto sono disseminati qua e là nella narrazione, spesso sono secondari e lasciati sullo sfondo (la ragazza giapponese vede distrattamente in TV la notizia del ferimento della turista american). Quando in un episodio si raggiunge il picco di suspence ed emozioni, Inàrritu, con un trucchetto da soap-opera, volta abilmente pagina.
Il film è un' opera sulla società globale e sull'annullamento delle distanze. La trama può essere così riassunta: un fucile intestato ad un giapponese (il padre della ragazza) finisce nelle mani di un marocchino e ferisce un'americana che ha i figli in trasferta in Messico. Babel deve essere visto in lingua originale, o meglio in "lingue originali", vista la babele di lingue parlate: inglese, arabo, spagnolo, giapponese e francese. Devo dire che del film mi è piaciuta più la forma che la sostanza: non sono tanto convinto delle intenzioni degli autori e l'ho trovato leggermente incompleto. Ma evidentemente Inàrritu ha nuovamente colpito nel segno, beccandosi ben 7 nominations agli Oscar, comprese quelle per miglior film e miglior regia.

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