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Il film è un perfetto legal thriller. Il regista e sceneggiatore Oliver Stone l'ha tratto dal libro "On the trail of the assassins", scritto proprio da Jim Garrison, l'unico ad aver portato in tribunale il "caso JFK". Le 3 ore del film scorrono quasi inconsapevolmente: il ritmo è serrato e la musica tagliata perfettamente su un montaggio nervoso ed efficace. Sono incluse anche immagini documentaristiche dell'epoca e l'uso alternato del colore e del bianco e nero esprime perfettamente l'alternanza tra presente e passato. E poi è ottimamente recitato. Oltre a Costner e Oldman, ci sono Kevin Bacon e Tommy Lee Jones, nella parte di due omosessuali, Sissy Spacek e Joe Pesci, il più bravo caratterista di Hollywood, oltre ad una serie di deliziosi cammei: da Lemmon e Matthau, a Donald Sutherland a John Candy, fino a "er Monnezza" Tomas Milian, di origini cubane, nella parte di un patriota anticastrista!!
Il film cerca di fare luce su un caso ancora non chiarito, destinato probabilmente a non esserlo mai. Se è vera la tesi di Garrison, allora il marcio è presente non solo in Italia. Anche gli Stati Uniti non sono immuni alla regia occulta dei servizi segreti, degli apparati deviati dello Stato che tramano nell'ombra e sulla pelle dei cittadini. Il mio livello di indignazione va al di là di ciò che ho provato pe le malefatte di casa nostra, perchè il paese esportatore degli ideali più puri non deve cadere in tentazione. O almeno non dovrebbe. Durante la visione del film infatti sono stato sfiorato dal dubbio: e se tutto qullo che è successo era giustificabile in un mondo la cui sorte era affidata ai capricci delle due superpotenze?
L'unica cosa che non mi è piaciuta di "JFK" è stata la deriva eccessivamente zuccherosa che la sceneggiatura ha toccato in diversi punti. Oliver Stone sarà pure un regista "antisistema", ma il sentimentalismo di cui è intriso il film non è da meno ai vari polpettoni hollywoodiani.
4 commenti:
Condivido. Quasi tutto.
In primis, condivido la tesi del film, riletta nel libro di Garrison, che sembra semplicemente la più plausibile di fronte ai fatti e con un pò di buon senso. Non condivido tanto la storia del "mielismo" di Stone; certo le scene con Costner e la moglie le avrei accorciate un pò, ma servono a sfaccettare di più l'identità dell'uomo, che va oltre la semplice dimensione pubblica. Se Stone non avesse illustrato (e forse insistito su) la vita personale del personaggio di Costner, credo che sarebbe uscito fuori quasi un paladino della Chanson de Roland, stereotipato e slegato dal contesto sociale che era invece quello dei (critici) anni '60.
Ultimo punto (e qui me la prendo con il mio adorato Stone): la santificazione di Kennedy. Tutti condividiamo la grande considerazione di un presidente che tanto a fatto nel suo paese, ma non bisogna dimenticare gli errori che ha commesso. La baia dei porci, la iniziale indifferenza al movimento per i diritti civili e la decisione di impegnare gli Usa nel Vietnam sono sue. L'idea che, in sostanza, molto (dell'assassinio) dipenda dalla scelta di Kennedy di ritirare i consiglieri militari dal Vietnam mi sembra una forzatura. Resta comunque la validità delle tesi (e delle prove) portate da Garrison, sia chiaro.
In conclusione, JFK è un gran bel film - questo non dimentichiamolo - e ricordiamo che le interpretazioni di Joe Pesci e Kevin Bacon sono eccezionali!!
per francesco:alcune scene stone se le poteva risparmiare:ti ricordi quando discute animatamente con la moglie, esce dalla camera e incontra i figli? A quel punto spiega loro la sua "missione" e il suo lavoro...ecco, il regista poteva fermarsi qualche minuto prima, evitandoci la favola moralistica...poteva indugiare sullo sguardo del figlio, molto più eloquente delle parole di kevin costner...
non mi è piaciuto neanche al processo, quando scoppia in lacrime...
secondo me, emerge una identificazione tra garrison e kennedy, sia come uomo sia nel senso che il procuratore vuole continuare l'opera del presidente...sei d'accordo?
Vero, quando scoppia in lacrime il film scade proprio...ma non bisogna sempre accusare di "polpettone familiare americano" un film che ha una scena con papà e bambini.
Ripeto: dà umanità a Garrison e, sebbene porti a volte all'eccesso, non è da condannare.
Altro punto: l'eroismo (iper)sottolineato di Garrison e di Kennedy (condivido l'identificazione tra i due personaggi)è evidentemente eccessivo e qui, credo, Oliver Stone compia l'errore più grave. L'eroe è colui che semplicemente fa la cosa giusta, consapevole delle conseguenze cui va incontro. Stone priva un pò il personaggio di Garrison di quella aurea di eroicità proprio quando nel film è intenzionato a sottolinearla. Conseguenze inintenzionali di popperiana memoria, insomma...
ammazza!! popper addirittura! sul mio blog!! allora sta acquisendo importanza!! cmq, se paragoni questo film di stone, un film che possiamo chiamare "politico", al filone dei film italiani degli anni 70 (Rosi, Petri, Lizzani) non troverai queste sbavature sentimentali...come dire, Italians do it better!!
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